Biosensori

La OPTOADVANCE, avvalendosi delle tecnologie nano e bio in corso di sperimentazione nei laboratori di ricerca in grado di condizionare la risposta degli elementi di fibra ottica, intende proporre al mercato, attraverso i dimostratori approntati, innovative applicazioni dei biosensori particolarmente interessanti per la protezione dell’ambiente, per la sicurezza, nel settore industriale ed in altri campi di interesse.

Un biosensore è un dispositivo analitico che converte una reazione biologica in un segnale, dei più diversi generi (elettrico, colorimetrico, magnetico, micromeccanico, piezoelettrico, fotonico, etcetera), allo scopo di determinare la concentrazione di una certa sostanza. Una definizione corretta di biosensore è la seguente: “un dispositivo analitico che comprende un materiale biologico associato o integrato con un trasduttore fisico-chimico o con un microsistema di trasduzione. Il trasduttore può essere ottico, elettrochimico, termometrico, piezoelettrico, magnetico o micromeccanico“.

Un biosensore in senso stretto si contraddistingue quindi per il fatto di fare uso di un sistema biologico. Il termine “biosensore” è usato però anche in senso più ampio per indicare sensori in grado di determinare la concentrazione di sostanze chimiche (e.g. monossido di carbonio, nitrati, etc.) o valutare parametri generali di interesse biologico (e.g. pressione arteriosa, pH etc.) anche quando non usano direttamente un sistema biologico. In quest’ultima accezione il numero di dispositivi da prendere in considerazione cresce a dismisura e porta a valutazioni e confronti del tutto fuorvianti. Infatti molti di questi dispositivi dovrebbero essere catalogati nei sensori di parametri fisici o chimici e non annoverati tra i biosensori.

Per quanto più in particolare riguarda una non esaustiva descrizione dei biosensori basati sull’impiego dei trasduttori in fibra ottica con reticolo a passo lungo, che è la tecnologia impiegata da OPTOADVANCE, si osserva quanto segue:

Il biosensore è un dispositivo ottico composto nell’insieme da una guida d’onda ottica dotata di core e di cladding, preferibilmente una fibra ottica monomodale, su un tratto della quale sia stato inscritto almeno un reticolo a passo lungo (Long Period Grating (LPG)), da uno o più strati sottili di materiale depositati sul cladding della fibra ottica. Detta stratificazione di materiali è depositata almeno in parte con la tecnica del dipcoating lungo il tratto di fibra dove sono presenti i reticoli e di cui almeno uno strato, adiacente al cladding, possiede indice di rifrazione più elevato di detto cladding. Lo spessore di detta stratificazione di materiali viene scelto in modo da regolare il regime di funzionamento del dispositivo in transizione modale.

Dispositivi di questo genere possono avere una molteplicità di utilizzi a seconda delle proprietà chimico-fisiche dei materiali utilizzati per realizzare la stratificazione. In particolare può essere usato come sensore biochimico, chimico, modulatore e interruttore ottico.

Nell’esemplificazione di sensore biochimico, la superficie esterna della stratificazione di materiali viene modificata tramite immobilizzazione di opportuni elementi di riconoscimento biomolecolare (proteine, anticorpi, enzimi, peptidi, cellule intere, microrganismi, etc.). Il biosensore così realizzato viene esposto al campione da analizzare dove avviene una reazione di riconoscimento biomolecolare tra gli elementi immobilizzati sulla superficie del dispositivo e la sostanza di cui si vuole rilevare la presenza e misurarne la concentrazione. Tale reazione di riconoscimento provoca un cambiamento delle proprietà ottiche (ad esempio dell’indice di rifrazione) dello strato di ricoprimento nelle immediate circostanze della superficie del biosensore. Almeno una delle caratteristiche ottiche del biosensore immerso nel mezzo da analizzare è comparata con la stessa in un mezzo di riferimento ed utilizzata per la rilevazione.

Nell’esemplificazione di sensore chimico, la stratificazione di materiali è composta da almeno un materiale con capacità di assorbire una certa sostanza chimica dall’ambiente esterno concentrandola nel suo volume in una modalità solitamente indicata come microestrazione in fase solida (Solid Phase Microextraction (SPME)). L’assorbimento di tale sostanza chimica provoca una modifica chimico-fisica dello strato chemo-sensibile che si riflette in un cambiamento del suo spessore e/o indice di rifrazione. Almeno una delle caratteristiche ottiche del sensore chimico immerso nel mezzo da analizzare è comparata con la stessa in un mezzo di riferimento ed utilizzata per la rilevazione.

Nell’esemplificazione di modulatore ottico, la stratificazione di materiali è composta da almeno un materiale le cui caratteristiche ( spessore e/o indice di rifrazione) sono sensibili ad un campo elettromagnetico applicato. In particolare possono essere usati materiali con caratteristiche elettroottiche, piezoelettriche, magnetostrittive, fotocromiche. L’applicazione di un campo elettromagnetico permette di modulare le caratteristiche ottiche del dispositivo e queste possono essere usate per eseguire una modulazione del segnale ottico trasmesso.

L’esempio più diffuso è offerto dal funzionamento del biosensore tipicamente oggi più usato: il glucometro per la misura della glicemia oggi largamente utilizzato dai diabetici con un costo dell’apparecchio di poche decine di euro.

In pratica i biosensori amperometrici basati su enzimi per la misura del glucosio sono i biosensori più diffusi in commercio. I sensori per il colesterolo seguono a ruota.

Nel caso del glucometro viene utilizzato generalmente un effetto elettrochimico ma numerosissimi diversi effetti e fenomeni biochimici e conseguenti tecnologie possono essere usate nelle applicazioni biosensoristiche nel seguito sinteticamente richiamate. Altri effetti di rilevante interesse sono quelli ottici ed il conseguente impiego delle tecnologie fotoniche.

L’uso di una fibra ottica come sonda o elemento di rilevamento nei biosensori sta guadagnando terreno, a causa di alcuni dei tipici vantaggi delle fibre ottiche quali l’eccellente trasferimento della luce, anche a grandi distanze, la capacità di catturare la luce emessa dai bersagli e l’immunità alle interferenze elettriche e magnetiche. Un biosensore ottico tipico utilizza misurazioni di assorbanza per determinare una variazione nella concentrazione di analiti che assorbono una data lunghezza d’onda di luce. La luce viene trasmessa attraverso una fibra ottica per il campione, la quantità di luce assorbita dall’analita viene rilevata attraverso la fibra stessa o una seconda fibra. Il materiale biologico viene immobilizzato all’estremità della fibra ottica dove viene rilevato l’analita.

Si ricordano inoltre i fenomeni di bioluminescenza: il principio alla base della bioluminescenza è lo stesso di quello della chemiluminescenza, in cui alcune molecole, condizionate con una reazione chimica in uno stato elettronico eccitato, emettono parte di energia sotto forma di radiazione luminosa (fotoni) tornando allo stato fondamentale.

A chi è rivolto il biosensore?

Nel caso del biosensore prodotto da OPTOADVANCE l’acquirente finale sarà normalmente un utente professionale quale un Ospedale o un istituto di ricerca che potrà trovare conveniente usare il biosensore ad LPG rispetto ad altri molto più costosi e sofisticati.

Il biosensore ad LPG, con tutto l’apparato di misurazione, rispetto agli altri sistemi concorrenti risulta essere più economico perché a livello prototipale ha un costo dell’ordine delle decine di migliaia di euro (15K-20K). Tale costo può ovviamente scendere per una produzione di serie e risulta pertanto attraente per questo vantaggio.

Ogni LPG ha un costo relativamente alto (circa 200 euro) e la produzione degli LPG è una produzione piuttosto artigianale anziché industriale. Quindi un primo problema da risolvere è quello di definire le caratteristiche di un LPG che si voglia utilizzare nello strumento ed industrializzarne la produzione. Questo sia allo scopo di abbatterne il prezzo sia di avere a disposizione un quantitativo tale da fare fronte alle richieste in tempi ragionevoli. Occorre poi eseguire una opportuna biofunzionalizzazione della superficie. Questo significa inserire ulteriori fasi nella produzione dello LPG al di là della semplice fotoscrittura nella fibra (e.g. deposizione di film sottili di opportune caratteristiche in grado di interagire con la sostanza da rilevare), e mettere a punto dei semplici protocolli biochimici che possano essere eseguiti prima dell’utilizzo della sonda da parte dell’operatore.